Kubica torna in pista. L’incidente? Solo un brutto ricordo…

martedì 3 luglio 2007 · Dal paddock
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Si lascia alle spalle ogni brivido. Robert Kubica è quello di prima, senza un graffio e senza remore. Se avesse ottenuto il nullaosta della FIA si sarebbe schierato già a Indianapolis, a meno di sette giorni dalla carambola di Montréal. Ha rimandato fino al Gran Premio di Francia, ha lasciato il posto a Vettel, ha saltato i test collettivi di Silverstone: “Prima non potevo. Sarebbe stato un rischio”.

Lo spiegava il dottor Bernd Kabelka dell’Università di Amburgo: “Sono possibili carenze dal punto di vista fisico e motorio, ma anche disturbi alla memoria. Nel peggior caso la pressione sul cervello può rivelarsi fatale”.

E allora Kubica ha seguito un programma di recupero ad hoc, mentre dal Canada i rottami dell’auto venivano spediti alla factory di Hinwil. Mario Theissen aveva assicurato: “Faremo degli esami per trarre il maggior numero di informazioni. Simulare un danno simile è praticamente impossibile, per cui useremo i dati per migliorare la sicurezza e la resistenza della monoscocca in fibra di carbonio”.

BMW i suoi calcoli li ha fatti. Dicono che nell’impatto frontale con il muretto, Robert abbia subito una decelerazione 40 volte superiore a quella di gravità.

Riccardo Ceccarelli, che lo segue nella preparazione atletica, rivela: “Quando ho visto lo schianto mi sono spaventato a morte, perché ho rivisto l’incidente di Ratzenberger ad Imola nel 1994. Credo che oltre alla resistenza dell’auto, la salvezza di Robert sia stata il sistema Hans, quello che protegge dai colpi di frusta”.

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