Professione fotografo… in Formula 1: cinque domande a James Moy

lunedì 16 maggio 2011 · Esclusive
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Ha cominciato dal rally, poi è passato attraverso Formula 3, BTCC e WRC prima di approdare in Formula 1. Oggi collabora con Lamborghini, Red Bull, BMW, Porsche, General Motors e Bridgestone. Il suo studio fotografico è a due passi dal circuito di Silverstone, il tempio del motorsport britannico.

F1WEB: Da quando ha cominciato a lavorare in Formula 1, com’è cambiato l’approccio dei media?

James Moy: All’inizio usavo le pellicole a colori, di tipo Fuji Velvia 50asa. Era magnifico lavorarci. Con ogni rullino si poteva scattare un massimo di 36 fotografie, quindi prima di ogni immagine si tendeva a pensare più a lungo. Si spendeva parecchio tempo per impostare composizione, esposizione e posizione prima di azionare l’otturatore.

Con le tecniche digitali moderne si tende a fare più foto. Per esposizione, composizione e soggetto la teoria è la stessa, ma adesso bisogna anche distribuire le immagini. Da ogni gara inviamo circa 2500 immagini digitali ai nostri clienti in tutto il mondo. Una volta invece ne fornivamo circa 100. E adesso facciamo anche in modo da mettere le foto online subito dopo prove, qualifiche e corsa.

F1WEB: Un week-end di gara comincia il giovedì e finisce domenica sera. Qual è il momento migliore per scattare una foto?

JM: Bella domanda. Il programma a ogni evento resta abbastanza simile, quindi ogni giorno c’è qualcosa di diverso per un fotografo. Di solito il giovedì, visto che non c’è azione in pista, è buono per i primi piani dei piloti. Venerdì abbiamo 3 ore di tempo per fotografare quello che succede in pista, ci possiamo muovere in giro, per le angolazioni classiche di ogni circuito.

Per me, comunque, il giorno migliore resta la domenica, dal momento in cui arrivo in pista la mattina fino all’ultimo minuto della sera. Ci sono sempre opportunità. Domenica c’è atmosfera. E poi la gara in genere porta qualcosa di inatteso che può regalare una foto sbalorditiva.