Bye bye Black Jack: meccanico, pilota, tre volte iridato e ingegnere mancato

lunedì 19 maggio 2014 · Amarcord
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Se ne va a 88 anni, “serenamente” scrive il figlio, “ha avuto una vita incredibile e ha realizzato più sogni di chiunque altro”: è morto Jack Brabham, meccanico, pilota, tre volte iridato, ingegnere mancato delle scuole serali dopo la guerra. Australiano di nascita, cavaliere britannico nel 1978, il primo nel paddock a guadagnarsi l’onorificenza. Gli ultimi anni li ha passati a combattere una malattia al fegato.

Conquista il primo titolo nel 1959, fa il bis l’anno dopo sulla Cooper T53 che lui stesso ha ridisegnato in volo sull’Atlantico dopo il Gran Premio d’Argentina. Taciturno, a tratti scontroso, Black Jack nel 1966 vince il terzo mondiale, quello più prezioso, con la macchina che porta il suo nome: è un’impresa che non riesce a nessun altro.

Resta “il terribile vecchio” della Formula 1. A quarant’anni suonati, sulla griglia di partenza a Zandvoort nell’anno del terzo titolo si presenta con barba posticcia e bastone per ribattere alla stampa che gli raccomanda di pensionarsi.

La stagione successiva comunque soccombe a Hulme, l’orso della Nuova Zelanda, che corre in squadra con lui e gli soffia l’alloro.

“Jack aveva scelto la strada più difficile – scrive oggi Mark Webber – e l’aveva spianata per noi che siamo arrivati dopo. Una leggenda pura”.

Già, leggenda, quella parola che “si usa troppo spesso per gli sportivi di successo e che troppe volte – osserva Ron Dennis – ne esagera i meriti. Ma nel caso di Sir Jack Brabham era interamente giustificata”.

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