L’appello dei piloti: salvate la Formula 1, troppo caos e troppe modifiche

mercoledì 9 marzo 2016 · Dal paddock
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“È triste. Sono triste”. Era sinceramente amareggiato Alonso ai test di Barcellona. E non parlava delle prestazioni della McLaren: “Sono triste per lo sport, non deve sembrare bello visto dall’esterno quando in una settimana si cambia tre volte il formato di qualifica, oppure si finge di cambiarlo tre volte quando invece nessuno ha scritto niente di ufficiale”.

È successo pure di peggio, la Fia nel 2011 cambiò cinque volte in tre giorni la normativa sul soffiaggio caldo. Era il weekend di Silverstone. Per la cronaca, alla fine dei giochi vinse giusto Alonso. In tempi più recenti, nel 2014 è passata la stretta sui messaggi radio, rielaborata pure quella nel giro di due settimane con rilassamento dei divieti.

Oggi Matador nemmeno entra nel merito del giudizio del nuovo formato, le qualifiche a eliminazione progressiva come nel ciclismo su pista. Può darsi che effettivamente venga fuori un prodotto più spettacolare, ma il punto in questo momento è un altro: “Ci sono troppi cambi e troppe cose complesse che lo spettatore deve capire”. Pure il nuovo criterio sulla scelta delle mescole per esempio, qualcosa da far venire il capogiro anche all’ingegnere più navigato.

Charlie Whiting a Barcellona in una pausa delle prove ha sentito i piloti, una riunione improvvisata nel motorhome della Fia. Hamilton pensa che la Formula 1 ha perso l’orientamento, Rosberg giustamente diceva: “Non stiamo dando al mondo una bella immagine con tutti questi ripensamenti”.

In quelle ore, Mark Webber per farsi un po’ di pubblicità metteva su Twitter uno scatto della pagina che chiude la sua biografia – Aussie Grit, edizioni Main Market – e ribadiva il concetto di uno sport che ha perso la trebisonda.

Poi la colpa se la prende sempre Ecclestone. Ma nella Commissione Formula 1 che recepisce le novità dal Gruppo Strategia e le passa al Consiglio Mondiale della Fia per l’approvazione, chi si esprime sono le squadre in prima persona. Per cui probabilmente qualche responsabilità va condivisa, onestamente dichiarata, senza le acrobazie politiche in cui Marchionne è campione del mondo.

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