Fuori Kvyat, dentro Verstappen. Così il sistema Red Bull brucia due piloti in un rogo solo

giovedì 5 maggio 2016 · Mercato
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È successo davvero, Helmut Marko ha deciso, irragionevolmente spietato da un lato, oltremodo prodigo dall’altro. Daniil Kvyat scende di grado e torna in Toro Rosso, Max Verstappen scatta in avanti e va in Red Bull. Con effetto immediato a tempo indeterminato, che vuol dire subito da Barcellona in poi. E nel 2017 chissà.

Sembra un pesce d’aprile a scoppio ritardato, invece è il contraccolpo del disastro del Gran Premio di Russia, là Kvyat con due tamponamenti in due chilometri ha mandato a tappeto la Ferrari di Vettel, “ma – osservava Marko a Sochi – ha anche rovinato la sua gara e quella di Ricciardo”.

Di qui la decisione di imporre il declassamento, il ritorno alle origini nel team che l’ha fatto debuttare nel 2014: “Continuerà il suo sviluppo alla Toro Rosso – spiega Horner, diplomatico – in un ambiente che gli è familiare, recuperando forma e mostrando potenziale”. Folle giustificazione di folle sentenza.

La verità è che la Red Bull per ragioni commerciali spinge su Verstappen, sulla favola del bimbo prodigio che brucia le tappe, per cui si avvale del pretesto dell’incidente con Vettel per giustificare uno scambio che tecnicamente non ha base. Anche perché Kvyat meno di un mese fa era a podio a Shanghai. E quella corsa, con partenza sprint e coltello fra i denti, ai vertici della Red Bull era piaciuta tantissimo. Tant’è che Horner, sempre lui, nel debriefing era raggiante: “Daniil ha usato il manganello, ha guidato in modo fantastico per prendere questo podio”.

Lo nota anche Button su Twitter, mette un hashtag che ci sta a pennello: #shortmemories, memoria corta. Già.

Adesso la Red Bull in un rogo solo rischia di bruciarsi due cartucce, ridimensiona Kvyat nell’autostima, proietta Verstappen in una realtà più grande di lui, anticipa i termini di una promozione che sarebbe stata precoce anche tra un anno. Del resto, Verstappen junior qualche vaccata ogni tanto ancora se la fa scappare. Shortmemories, appunto.

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