La Formula 1 e la Commissione Europea: cosa c’è da sapere. E cosa rischiano Ferrari e Red Bull

mercoledì 15 febbraio 2017 · Politica
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Adesso la Formula 1 è materia della Commissione Europea e c’è il presupposto perché l’organo esecutivo nonché promotore del processo legislativo in seno all’Unione Europea, si pronunci sugli aspetti più controversi del circo.

Tre i punti: distribuzione dei premi in denaro, conflitto d’interessi della Fia e tassazione. Il primo è quello principale, da lì parte tutta la mozione a firma di Anneliese Dodds, inglese, deputata al parlamento europeo, che alla luce del tracollo della Manor risolleva la questione della spartizione dei diritti commerciali:

Smaller teams are unfairly punished by an uncompetitive allocation of prize money that will always give the biggest teams more money, even if they finish last in every race.

C’è un esposto formale di Sauber e Force India che risale a settembre del 2015. L’unione Europea non s’è mai pronunciata, adesso la patata bollente ce l’ha Liberty. Che a gennaio ha completato l’acquisizione della Formula 1 dopo il benestare della Federazione. Qui sta l’altro nodo: la Fia autorizzando la compravendita si garantiva automaticamente una percentuale sul valore dell’operazione, 79 milioni di euro a fronte di una manovra complessiva che vale 7 miliardi. Sempre Dodds:

Given that this return was only payable if Formula 1 was sold to a new owner, and they were the body to approve any sale, it looks extremely likely that the FIA have broken an agreement struck with the European Commission in 2001 regarding commercial conflict of interest.

Infine, la questione sulle tassazioni furbe, perché la Formula 1 grazie a un contratto con HM Revenue and Customs riesce a pagare sui ricavi un’aliquota inferiore al 2 per cento. Niente insomma.

Cose di cui s’è sempre discusso, con la novità che adesso la relazione è ufficialmente inserita in un report di 184 elementi sullo sport in Europa, ovvero su tutte le situazioni su cui la Commissione Europea è chiamata ad esprimersi. Quel report martedì è passato in parlamento a Bruxelles con 467 voti a favore contro 156, più 86 astensioni. Tecnicamente non significa che l’Europa è tenuta a lanciare un’inchiesta formale: quella va votata nello specifico, per cui è vero da un lato che un provvedimento a carico delle società che gestiscono la Formula 1 è meno improbabile, ma dall’altro resta comunque un’ipotesi remota.

Ad ogni modo, il Times quantifica in 170 milioni di euro l’ammenda eventuale, il 10% del ricavo annuale della macchina. Soprattutto, lascia intendere che la prospettiva più concreta è quella di una riorganizzazione dei proventi prima che la Commissione Europea ci metta ufficialmente il naso. E qui Ferrari e Red Bull, quelle che guadagnano di più, rischiano di perdersi i bonus.

Per dare un’idea dello scompenso: la Ferrari l’anno scorso ha preso 170 milioni di euro, di cui oltre 60 solamente in virtù del nome. Praticamente come squadra con maggiore anzianità di servizio, quando invece la Mercedes con due mondiali consecutivi aveva diritto a 150 milioni. Da parte sua la Red Bull per effetto di uno schema di calcolo su misura per aver firmato un patto privato con Ecclestone nel 2012, solo per i piazzamenti pregressi ha messo in cassa 60 milioni di euro. La Manor, che non c’è più, non arrivava a 53 milioni.

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