Wehrlein salta anche la Cina: tutti i dubbi sull’incidente di Miami. Senza il collare hans

martedì 4 aprile 2017 · Dal paddock
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Prosegue l’apprendistato di Giovinazzi in Sauber: i test a Barcellona, poi Melbourne, adesso Shanghai, probabilmente pure il Bahrain mentre si prolunga l’assenza forzata di Pascal Wehrlein. È un caso che ripropone la questione sulle attività dei piloti oltre i confini del circo, come fu – con dinamica e proporzioni più gravi – per Kubica al rally di Andora.

Il rischio c’è sempre, “non solo in pista e non solo in ambienti agonistici” diceva Briatore. Ma è vero pure che scienza e progresso lavorano per ridurlo, quel rischio. Per esempio la Fia dal 2009 vuole che negli eventi di rilevanza internazionale sia obbligatorio il collare hans per proteggere le vertebre cervicali.

Wehrlein quel collare in Race of Champions a Miami non l’indossava: “L’ho sempre messo, quella volta me lo sono dimenticato”. Fatto sta che grandprix247.com scrive che a Miami l’hans non l’indossavano nemmeno gli altri. Montoya che ha vinto, Massa e Vettel per fare qualche nome. E non l’indossavano nemmeno i loro passeggeri, vip e tifosi che pagano oppure vengono sorteggiati per un giro coi big.

Il discorso è complesso: hans per essere efficace andrebbe adattato in funzione delle cinture di sicurezza e della posizione di guida. Che non è quella della Formula 1. Con costi e tempi proibitivi per un evento a carattere prettamente promozionale com’è la Race of Champions. Oltre al fatto che Wehrlein è il primo che si fa seriamente male in quasi trent’anni di show.

Ad ogni modo, Wehrlein su un punto insiste con forza: “Non sarebbe cambiato niente, anche con il collare. Io mi sono infortunato alla schiena, non al collo. Il mio collo sta perfettamente bene”.

Qui c’è l’altro nodo: i contorni indefiniti delle implicazioni di un incidente che sembrava banale. Perché secondo i medici della Fia che a Melbourne l’avevano autorizzato a fare le libere, Wehrlein sta bene e può correre. Invece lui nel comunicato fa scrivere che deve “allenarsi intensamente per essere al cento per cento”.

Viene in mente un altro episodio, con Ralf Schumacher nel 2004: dopo lo schianto di Indianapolis si fece tre mesi di panchina perché l’assicurazione della Williams lo copriva solo a condizione di un periodo di riabilitazione di 12 settimane. E Ralf non voleva firmare lo scarico di responsabilità per anticipare il rientro. Ma i controlli ufficiali pure lui già li aveva passati.

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