Meditate che questo è stato

mercoledì 24 maggio 2017 · Fuori tema
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Tradizioni, rituali, superstizioni e ossessioni, la Formula 1 ci sguazza, la 500 Miglia di Indianapolis ne è impregnata. Per esempio: il buon auspicio della passerella della vigilia, macchine, piloti, meccanici, personale dell’esercito. In testa alla parata, la liturgia impone il grand marshal, un attore, un eroe, un politico, un personaggio in costume, una celebrità insomma.

Qualche nome a caso: Shirley MacLaine, James Stewart, Hanna e Barbera, il presidente Ford, Mike Douglas, Mario Andretti, Lance Armstrong prima dello scandalo, Olivia Newton John, Topolino e Minni.

Ma sono tre anni che l’organizzazione dà un’impronta sociale alla manifestazione che introduce alla sfida del catino: grand marshal quest’anno è Eva Mozes Kor, 83 anni, è sopravvissuta allo sterminio dei nazisti nel campo di Aushwitz, dopo la guerra s’è trasferita in Indiana, là nel 2014 ha adottato Rainer Hoss, il nipote di Rudolf Hoss, il comandante del lager all’epoca delle deportazioni.

Insomma per l’Indiana e per l’America, lei è la rappresentazione vivente del potere del perdono e della compassione come filosofia di vita. Dall’intervento del governatore in occasione della cerimonia di conferimento del premio Sachem ad aprile:

What began as a single act of forgiveness has grown into a philosophy that is powerfully transforming each and every one of us. Forgiveness is an act of self-healing, self-liberation and self-empowerment.

È il 1940 quando la famiglia di Eva Mozes, rumena, viene condotta dal villaggio di Port al ghetto regionale. E di lì ad Aushwitz nell’arco di poche settimane. Eva all’epoca ha sei anni, ha una sorella gemella: insieme, allo smistamento prima della camere a gas, vengono consegnate al dottor Josef Mengele che là ad Aushwitz conduce ricerche sul genoma, studia gli individui con occhi di colore diverso, i nani e chiunque abbia malformazioni fisiche.

Ma i gemelli gli interessano in modo particolare per verificare la possibilità di aumentare la riproduzione della razza ariana attraverso la gravidanza gemellare. Racconta la Mozes: “Mi facevano fino a cinque iniezioni a settimana, mi iniettavano ogni tipo di infezioni e malattie”.

Quando i sovietici liberano Aushwitz il 27 gennaio del 1945 trovano solo 180 bambini: la maggioranza sono gemelli, tra loro ci sono anche Eva e la sorellina. Malate, debilitate, ma sopravvissute.

Indianapolis,