Asia stregata, squadra stanca e fornitori impreparati: perché la Ferrari fa flop anche in Giappone

domenica 8 ottobre 2017 · Gran Premi
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Le gare passano, i traguardi si allontanano. La Ferrari dopo Suzuka è la raffigurazione motoristica della Nazionale di Ventura, un gruppo che fallisce gli obiettivi e vive di speranze. Arrivabene assicura: “Non molliamo, la base c’è”. Il punto è che i mondiali si giocano in pista, la teoria non porta punti.

È stregata la trasferta asiatica per la Ferrari, il conto dei danni è lungo e fa male: l’autoscontro a Singapore con Verstappen, le magagne del motore nella qualifica di Sepang, adesso sulla rossa fa cilecca una candela d’accensione. Un pezzo da due soldi, una piccolezza da elettrauto. Cose da corse, comunque.

Tant’è che Vettel per una candela già s’era fumato una vittoria sicura in Bahrain nel 2010, per quanto la McLaren sostenesse si trattasse di consumi anomali. All’epoca una candela in tilt non fermava la macchina, col turbo il discorso è diverso. Spiega Seb: “È stato un piccolo problema che poi ha determinato un problema più grande”.

La Ferrari ha un’avvisaglia nel giro di formazione, ravana sotto il cofano prima del via, cerca di far rientrare l’allarme, ma il tempo non c’è. Vettel alla partenza non ha velocità: “Non c’era potenza, abbiamo provato a resettare”. Niente, lo passa chiunque, sul dritto è una “paperella seduta”, la metafora che Alonso aveva usato per sé a Montreal.

È un’agonia che il muretto decide di fermare, a quel punto Hamilton mette l’ipoteca sul titolo. Parole di Vettel: “Non serve un genio in matematica per capire che il mondiale è compromesso”. In effetti: sono 59 punti di distacco e quattro gare da disputare, Vettel può pure vincerle tutte e perdere lo stesso se Hamilton arriva tre volte quinto e una volta quarto.

Per cui è già tempo di analisi. E Vettel a caldo fa un’osservazione interessante: “La squadra è stanca, abbiamo bisogno di riposo. Tutti”. Perché Maranello per acchiappare la Mercedes ha spremuto tutto quello che c’era da spremere: uomini, componenti e fornitori esterni.

Minacciava tempesta da maggio: in Russia la Ferrari già metteva il terzo turbocompressore, Vettel rispondeva malamente ai giornalisti – italiani – che chiedevano lumi. Giocoforza, il cavallino ha dovuto rimettere in sesto i vecchi pezzi per schivare le retrocessioni, nella rincorsa qualcosa s’è incrinato.

Arrivabene dice e non dice, tra le righe scarica la responsabilità sui fornitori: “La macchina, al di là delle parti che ci hanno lasciato a piedi è una macchina buona”. Verissimo. E allora? “Siamo penalizzati per componenti che non avevano nulla a che fare con il nostro progetto“. La sfortuna è l’ultimo alibi per mascherare l’errore umano.

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