Affidabilità, concentrazione… e fortuna: cosa serve a Vettel per vincere il mondiale con la Ferrari

martedì 13 febbraio 2018 · Dal paddock
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La migliore occasione dai tempi del debutto dell’ibrido, la Ferrari se l’è giocata nel 2017. Incidono sul bilancio dell’ultima campagna mondiale una serie di errori a livello tecnico e sportivo che allungano a dieci la striscia di anni a digiuno. Per cui la fame aumenta e la pressione pure.

Cambia poco e niente nei regolamenti, ma la sfida è serrata. Lo diceva Vettel a dicembre:

I think we have a good and healthy platform to build on at the beginning of the year, so I hope that continues.

What we have to do is take that final step, it’s always that final step that it is the hardest.

Già, l’ultimo passo, uno sprint di affidabilità più che prestazione. Perché il castello di Vettel simbolicamente è crollato a Suzuka, ma c’è un elemento meno evidente che è passato sottotraccia, il conto dei turbocompressori della Ferrari ad aprile in Russia già stava a tre su quattro per via di una serie di anomalie. L’impressione è che Maranello non potesse spremere i cavalli, per quanto in termini di potenza teorica il motore valesse quanto la Mercedes.

L’altro ingrediente deve metterlo Vettel e si chiama concentrazione. È un punto delicato, ma il quadro l’ha delineato benissimo pure una matricola imberbe come Stroll. Quello dell’incontro ravvicinato nel giro di rientro ai box in Malesia. Dall’intervista per Express & Star:

You saw in the title race last year how well Lewis handles pressure. Vettel folded, but Lewis was able to handle that expectation.

Per il resto, lo sport è anche fortuna. E l’occhio benevolo della dea bendata certe volte risolve i mondiali.

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