L’incidente (e la reazione) di Jackie Stewart a Spa nel 1966: il primo passo verso la sicurezza moderna

martedì 12 giugno 2018 · Amarcord
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Trancia un palo del telegrafo e un recinto, distrugge la baracca di un taglialegna, poi si arena in un campo. Resta per mezzora intrappolato perché non c’è personale per estrarlo dalla macchina, quindi viene liberato grazie al kit di attrezzi di uno spettatore.

Al centro di primo soccorso gli infermieri lo abbandonano su una barella in mezzo ai mozziconi di sigaretta in attesa dell’ambulanza che poi si perde nelle campagne mentre lo trasporta a Liegi.

È un’esperienza scioccante che gli apre gli occhi. Grazie al diluvio di Spa il 12 giugno del 1966, Jackie Stewart sperimenta sulla sua pelle l’inconsistenza delle misure di sicurezza, sceglie di sposare in toto la causa a cui resta fedele a vita, si batte per alzare gli standard, comincia a farsi scrivere il gruppo sanguigno sulla tuta, si porta un medico personale alle gare. Racconta:

After Spa I realised just how dangerous it really was. Like most drivers, I only thought accidents happened to someone else. Then suddenly the realisation of the danger hit me. It came too close to home.

It was then that I decided to do something to try to make the sport safer. If I have any legacy to leave the sport I hope it will be seen to be in an area of safety, because when I arrived in Grand Prix racing, so-called precautions and safety measures were diabolical.

Surtees quel giorno sfodera una prestazione maiuscola, vince a nove mesi dall’incidente che l’ha quasi ucciso a Mosport Park nei test della Lola T70 per il campionato Can-Am.

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