Ferrari, la crisi si fa più nera. Ma il sensore sulla batteria non spiega la regressione

martedì 9 ottobre 2018 · Tecnica
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Stampa e ultrà ferraristi cercavano un colpevole prima di Suzuka, per giustificare il crollo della squadra, perlomeno dal punto di vista tecnico. E hanno preso al balzo la storia del secondo sensore sulla batteria, una questione che Auto Motor und Sport ha rimesso in giro dopo la Russia. Roba vecchia, sospetti di cui si ha traccia almeno da maggio.

Era sotto osservazione la Scuderia, mai sotto inchiesta. L’ipotesi è che il sensore supplementare della Fia per il controllo dell’erogazione della batteria abbia rallentato la macchina. Chiaramente in modo indiretto. Detto in termini semplici: ha costretto la Ferrari a un passo indietro per non farsi sgamare dal potere sportivo su un utilizzo libertino del recupero di energia.

Charlie Whiting a Suzuka negava la strumentazione di controllo bis. E pure Maurizio Arrivabene, sempre a Suzuka, del sensore parlava al passato:

We agreed with the request from the FIA to work together with them and to facilitate their work, we had the second sensor.

Due elementi, la dichiarazione sua e quella di Whiting, che presi insieme inducono le stesse conclusioni, ovvero la conferma che la faccenda dell’erogazione dell’energia effettivamente sia chiusa e superata.

Che non vuol dire non abbia inciso. Piuttosto, non spiega la debacle da Monza in poi. Più precisamente, non spiega Singapore e Sochi. E quindi nemmeno Suzuka.

La verità è che Maranello dopo l’estate non ha retto il ritmo di sviluppo di Mercedes. Su più fronti. La stessa limitazione che ha sempre segnalato Alonso, quando le novità da metà campionato in poi non si vedevano più.

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