Briatore porta la FIA in tribunale dopo il crash-gate: ecco i punti chiave della difesa

giovedì 22 ottobre 2009 · Dal paddock
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È rimasto zitto e muto per un mese, si è incontrato con i suoi avvocati e ha messo a punto la sua strategia di difesa, per rovesciare la sentenza che l’ha radiato dalla Formula 1 per il crash-gate di Singapore. Adesso Flavio Briatore porta la Federazione in un tribunale civile e chiede danni per oltre un milione di euro.

È un’azione che secondo la stampa francese poggia su basi solide: da un lato i vizi di procedura, dall’altro l’incongruenza giuridica della sentenza.

Ci sono innanzitutto le dichiarazioni discordanti di Nelsinho Piquet, poi la deposizione di quello che la FIA ha sempre indicato come “il testimone X”, sentito esclusivamente per telefono e mai interrogato direttamente dagli avvocati del Consiglio Mondiale.

Ma c’è soprattutto la rivelazione shock di Mohammed ben Sulayem, vice presidente della FIA e delegato per gli Emirati Arabi, che dopo la sentenza si era lasciato sfuggire frasi sibilline sul fatto che le “negoziazioni” per il verdetto fossero state portate a termine “prima” dell’udienza. Praticamente già scritte e confezionate secondo gli interessi di Max Mosley.

Briatore si ribella: “La FIA è stata usata come strumento di ritorsione al servizio di una persona sola”. Mosley, appunto.

“La decisione – aggiunge Briatore – è assurda giuridicamente”. Per due motivi: perché un’esclusione a tempo indeterminato viola il diritto europeo e perché il Consiglio Mondiale ha competenze limitate all’ambito sportivo e non ha potere di imporre restrizioni in sede civile.

Il Tribunale delle Grandi Istanze di Parigi ammette il ricorso: “Poi – dice Flavione – magari darò una bella festa”.

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