Italia senza piloti dopo 40 anni: “Si è dormito”. Le ragioni del male

lunedì 20 febbraio 2012 · Mercato
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È il Paese della Ferrari, ha dato i natali al primo iridato della storia, vanta un autodromo – quello di Monza – tra i più antichi del mondo e che quest’anno compie 90 anni. L’Italia in Formula 1 ha mandato in tutto 84 piloti, in ordine alfabetico da Alboreto a Zorzi. Nel 2012 non ne avrà nemmeno uno.

È la prima volta che succede dal 1970 ed è lo scenario che si delinea dopo che Caterham ha negato il contratto a Jarno Trulli. A gennaio l’Hispania aveva già interrotto il rapporto di collaborazione con Tonio Liuzzi.

Adesso qualcuno comincia a farsi delle domande. Trulli risponde che in Italia “non c’è un sistema che aiuta i piloti ad emergere”. Perché è pure vero che c’è la crisi, però “altri – dice Jarno – devono prendersi la responsabilità di una situazione che non è cominciata ieri e su cui si è dormito”.

Perché la penuria di italiani nella massima serie non nasce per colpa dei soldi di Petrov: “I talenti ci sono, ma – va avanti Jarno – se non sono sostenuti da nessuno non hanno speranze“. A settembre Cesare Fiorio l’anticipava: da noi “c’è la mentalità di correre sempre a sostenere qualche straniero”.

Pure l’Accademia Ferrari da oltre un anno guarda oltre l’Italia. Stefano Domenicali in una nota ufficiale venerdì precisava: “Mi fa piacere che, proprio in questa giornata, possiamo annunciare che due ragazzi di talento come Raffaele Marciello e Brandon Maisano possano avere un’ottima opportunità di crescita”. Che è una puntualizzazione fuori dal contesto perché Marciello è mezzo svizzero e Maisano è francese. È l’ipocrisia del Cavallino. Il comunicato si chiude così:

A disposizione della Scuderia per le attività sportive e commerciali ci sono tre italiani doc come Andrea Bertolini, Giancarlo Fisichella e Davide Rigon e un giovane di talento dalle chiare origini tricolori come Jules Bianchi.

Bertolini ha 38 anni, Fisichella ha già chiuso la carriera, Rigon è vincolato allo sviluppo del simulatore. Su F1WEB.it già ha chiarito: “Non sono io la terza guida”. E Bianchi – oltre al fatto che di passaporto è francese – è un prodotto dell’ufficio stampa e delle raccomandazioni di Jean Todt.

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