Se lo sport è troppo standard: la triste fine della Formula 2. E l’Italia perde la Formula 3

lunedì 10 dicembre 2012 · Politica
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L’intento era nobile, il progetto ambizioso: rilanciare il campionato glorioso che fu la Formula 2 tra il 1967 e il 1984. La categoria invece chiude con un anno d’anticipo rispetto al termine del contratto con MotorSport Vision che nel 2009 aveva vinto l’appalto per organizzarla.

La FIA ha già le risposte che spiegano il flop: l’eccesso di standardizzazione che alla fine ha giocato da deterrente e ha scoraggiato progressivamente gli iscritti. Jonathan Palmer che si è occupato dell’organizzazione per conto di MotorSport Vision, oggi spiega: “Come voleva la FIA, la Formula 2 ha sempre garantito parità tra i partecipanti. Però è diventato chiaro che il concetto del team unico ha degli svantaggi che hanno fatto calare l’interesse”.

Il nuovo corso della Formula 2 è stato un monomarca con motori progettati dall’Audi e telai sviluppati dalla Williams che nel 2009 per avere l’appalto ruppe il fronte delle squadre nella lotta contro Mosley e si allineò alle politiche della Federazione. Per il resto, gare solamente in Europa articolate su un calendario limitato tra Budapest e Portimao. Secondo le stime di GPUpdate, un team spendeva niente più che 250 mila sterline per tutta una stagione, mentre per correre in GP2 ce ne vogliono un milione e mezzo.

Costi all’osso, ma spessore tecnico minimo: “Altri campionati hanno sviluppato le performance, quindi era logico aspettarsi un calo, probabilmente significativo, del numero di partecipanti per il 2013”. Per cui prima di restare con la griglia ridotta ai minimi termini, MotorSport Vision ha fatto in modo che la FIA si convincesse a chiudere la baracca.

Il progetto comunque non tramonta. Piuttosto, si prende una pausa: “Siamo d’accordo con la FIA – chiude Palmer – che una Formula 2 in futuro dovrà operare in modo più convenzionale, con team multipli”.

Andy Soucek, Dean Stoneman, Mirko Bortolotti e Luciano Bacheta sono i quattro campioni che la serie ha sfornato tra il 2009 e il 2012. Matheo Tuscher, che quest’anno è arrivato secondo, agli Autosport Awards si è guadagnato la targa di debuttante dell’anno, scavalcando Vergne e Ricciardo che per aver gareggiato in Formula 1 erano teoricamente più in vista di lui. Ma al di là degli aspetti sportivi, in prima pagina la categoria ci è finita per il tragico epilogo dell’incidente di Henry Surtees a Brands Hatch nel 2009.

Scompare la Formula 2 mentre l’Italia dopo 48 anni perde la sua Formula 3 nazionale. Anche in questo caso per penuria di iscritti: nel 2012 hanno gareggiato 10 macchine; per il 2013 servivano 500 mila euro, mentre invece – stando ai conti che ha fatto Autosprint – investendone 650 mila si può andare a correre direttamente l’Europeo.

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