Intervista a Max Papis, più America che Formula 1. E quell’attesa per la Lotus

martedì 7 maggio 2013 · Esclusive
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Nel 1996 è volato dall’Europa all’America, ha sperimentato sulla sua pelle che da una parte all’altra dell’Atlantico in tema di automobilismo l’approccio è diverso. Della sua vita in Formula 1 gli resta impressa l’attesa per provare la Lotus. Oggi Max Papis è proiettato interamente sugli Stati Uniti. F1WEB l’ha intervistato.

F1WEB: L’America è un altro mondo rispetto alla Formula 1, non solo tecnicamente ma anche dal punto di vista organizzativo. Tu nel 1996 quali differenze hai notato?

Max Papis: La differenza principale è che in America c’è ancora umanità nelle corse, a livello tecnico nella costruzione della vettura, ma altrettanto a livello agonistico. C’è molto rispetto per i piloti e per le persone che lavorano in generale. La Formula 1 fondamentalmente è più asettica. In America le gare sono più rustiche, ma sicuramente più vere e semplici.

F1WEB: Oggi c’è ancora una differenza così grande?

MP: Il mondo americano sta cambiando un po’ alla volta. Ovviamente la crisi economica si fa sentire anche qua. Io tra il ’96 e il ’97 sono arrivato praticamente da sconosciuto, senza il becco d’un quattrino e senza sponsor e sono riuscito comunque a trovare un posto nella massima categoria di Indycar. Non penso succederà più. Capita in Nascar, ma solo ai piloti americani, non a quelli europei.

F1WEB: Un aneddoto che ricordi della Formula 1?

MP: Non ho molti ricordi belli della Formula 1. Ma ricordo con piacere quell’ora e mezza di attesa a Ketteringham prima dell’intervista per fare il collaudatore della Lotus. Peter Collins mi lasciò nella sala dove una volta Colin Chapman si faceva aspettare da tutti i suoi piloti. Mi sembrarono dieci giorni, perché io ero giovane e ansioso. Mi ricordo ancora l’odore di pelle di quella sedia. Poi mi hanno detto che era la stessa sedia dove pure Jim Clark, Ayrton e grandi campioni hanno aspettato. Guardando indietro è una cosa di grande onore.

F1WEB: A marzo nel campionato Grand-am hai gareggiato ad Austin, su una pista pensata per la Formula 1. Che impressione ne hai avuto?

MP: Il circuito è spettacolare per il lay-out, ma è uno di quei circuiti disegnati in maniera moderna dove manca qualcosa. Un sacco di curve, ma non c’è personalità, come succede con tutti i circuiti moderni di Tilke. Curve interessanti, ma vuoi mettere la vecchia Monza, la vecchia Spa o la vecchia Imola? Non c’è paragone.

F1WEB: Che progetti ha Max Papis per il futuro?

MP: Il futuro è prima di tutto il presente. Voglio essere il primo italiano dopo Mario Andretti a vincere una gara di Nascar. Ci metto tanto entusiasmo, è un obiettivo a cui ho lavorato tanto negli ultimi anni. Poi vorrei vincere ancora per la Ferrari nel campionato Grand-Am. Sto anche lavorando come rappresentante di aziende italiane e mi occupo di importazioni per conto loro in America. E mi piacerebbe tanto essere l’ambasciatore italiano per la Nascar nel mondo e fare da ponte per chi vuole sognare come facevo io e vuole provare cos’è il mondo americano.

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