Alla McLaren torna Ron Dennis: ascesa, declino e rivalsa di Mr. Project 4

sabato 18 gennaio 2014 · Amarcord
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Da bambino voleva una squadra. E doveva essere tutta sua. Parte da lontano la carriera di Ron Dennis, dai sogni nel cassetto di un discolo che a sedici anni lascia la scuola per andare a fare il meccanico apprendista con Thompson & Taylor dalle parti di Brooklands. È ancora il 1963, ma la svolta è dietro l’angolo.

Dennis negli anni Sessanta diventa il meccanico di Jochen Rindt alla Cooper e alla Brabham. Poi nel 1972 si decide a mettere in piedi il suo team: si fa finanziare dai petrolieri francesi e fonda Rondel Racing insieme con Neil Trundle. È un’avventura che produce cinque vittorie, ma dura l’arco di tre anni.

Comunque Dennis non molla: nel 1975 ci riprova con Project 3 e poi ancora con Project 4. È la volta buona perché la squadra vince la Formula 3 inglese; soprattutto, alla fine del 1980 si fonde con la McLaren.

Gli sponsor a quel punto lo vogliono al vertice. Ha poco più di trent’anni, si fa affiancare da Mansour Ojjeh. Nasce la McLaren moderna, quella che dagli anni Ottanta in poi si aggiudica dieci campionati piloti e sette costruttori. Ma anche quella che nel 2007 si macchia con la spy-story. E lì Dennis gioca un ruolo chiave: copre gli ingegneri, nega le accuse della Ferrari, giura che la McLaren è pulita. Alla fine ritratta, si scusa, la Mercedes però lascia intendere che vuole la sua testa.

E allora lui nel 2009 si dimette in occasione della presentazione della MP4/24. Dice: “È tempo che Whitmarsh prenda le redini. È una decisione mia”. Whitmarsh però non va a segno. Il consiglio d’amministrazione stabilisce che il 2013 è l’anno dell’ultima spiaggia. La McLaren non marca nemmeno un podio, azzarda Sergio Perez che non decolla e dopo dodici mesi viene scaricato. Nel frattempo Stoccarda nella compagine di Woking conta meno. Torna Honda. E allora la McLaren ripiega sul vecchio Ron. Chi non muore si rivede. Sempre.

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