Jules Bianchi, le condizioni e l’inchiesta: la cronologia a due mesi dall’incidente

sabato 6 dicembre 2014 · Dal paddock
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5 ottobre. Al giro 43 del Gran Premio del Giappone, Jules Bianchi esce di pista alla curva Dunlop, va a sbattere di fianco contro lo scudo posteriore della ruspa che sta spostando la Sauber di Sutil. Viene ricoverato all’ospedale di Yokkaichi, subisce un intervento complesso al cervello per “un trauma cranico serio”.

6 ottobre. Su YouTube sbuca il video dell’impatto, quello che la Fom non trasmette. Lo riprende un tifoso dalla seconda tribuna della prima curva: “Ho deciso – dichiara – di mostrare cos’è successo. La Fia non mi ha contattato, credo che le mie immagini mostrino gli errori che ha commesso”. Il filmato diventa virale. Per fare traffico, lo rilanciano anche i siti che non seguono i motori.

7 ottobre. In Giappone arriva per un consulto Gerard Saillant che si è occupato del trauma cranico di Schumacher dopo la caduta sugli sci a Meribel. La famiglia di Jules firma un comunicato congiunto con Marussia e svela che “Bianchi ha un danno assonale diffuso, versa in condizioni critiche ma stabili”.

9 ottobre. Charlie Whiting parla ai giornalisti in conferenza stampa a Sochi. In merito alla dinamica dell’incidente riferisce che Bianchi “ha rallentato. Di quanto – ammette – è un altro discorso”. Il gps mostra che la Marussia è uscita a 212 all’ora, non proprio pianissimo, in ogni caso in linea con i rallentamenti che impone la direttiva, imperfetta, sulla doppia bandiera gialla.

10 ottobre. La famiglia Bianchi reagisce alla linea della Fia: “Un giorno – avverte Philippe, il papà – parlerò io. Mi sembra un incidente stradale più che un incidente di corsa”. Christine, la mamma: “Certe gente dice delle cose per sottrarsi alle proprie responsabilità”. Lascia intendere che la condotta del silenzio sia imposta dall’alto: “La Formula 1 è un business. Un grande business”.

20 ottobre. Jean Todt forma la commissione che deve indagare sulle circostanze dell’incidente a Bianchi. La guida Peter Wright, ci sono anche Ross Brawn e Stefano Domenicali. È una commissione della Fia che giudica la Fia. Senza garanzie di trasparenza e oggettività.

18 novembre. Bianchi lascia l’ospedale di Yokkaichi e viene trasferito in Francia. “Non è più in coma artificiale, però – scrive la famiglia nel comunicato – è ancora privo di sensi. Respira da solo, ma le condizioni restano critiche”.

3 dicembre. La Fia pubblica gli esiti dell’inchiesta: indica tante concause, nessuna determinante. Attribuisce la responsabilità principale al pilota “che non ha rallentato abbastanza”, ma cita l’incompatibilità tra il brake-by-wire della Marussia e il sistema di sicurezza che è deputato a spegnere il motore tagliando l’accelerazione.

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