Ciao Jules

sabato 18 luglio 2015 · Dal paddock
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Non ce l’ha fatta. Nella notte tra venerdì e sabato, Jules Bianchi ha smesso di combattere la battaglia per la vita e se n’è andato, a nove mesi dall’incidente con la gru al Gran Premio del Giappone a Suzuka.

Non aveva mai ripreso conoscenza, non aveva dato quei segnali confortanti di speranza.

Giusto lunedì, il papà con la stampa francese aveva dato voce al dolore, la “tortura quotidiana insopportabile” nell’attesa di una svolta che non arriva: “Mi sembra di impazzire, è peggio che se fosse morto. Il tempo passa, sono sempre meno ottimista”.

Tra le righe qualcosa l’anticipava, forse il peso di una decisione: “Arriva un momento in cui bisogna tornare con i piedi per terra e capire la situazione. Perché siamo sicuri che Jules si troverebbe a vivere in una condizione che non gli piacerebbe. Una volta parlavamo di Schumacher. Mi disse che se avesse avuto un problema simile, per lui sarebbe stato molto difficile. E non l’avrebbe accettato”.

Dal 1994, l’anno nerissimo che s’è portato via Senna e Ratzenberger al Gran Premio di San Marino, quello di Bianchi è il primo decesso di un pilota per un incidente in un week-end ufficiale. Ma la Formula 1 nel 2013 ha perso anche Maria de Villota per i postumi dell’impatto contro la rampa di carico del camion del team in un test dell’anno prima con la Marussia. Pure in quel caso il circo dei motori s’è fatto delle domande. Pure in quel caso non ha trovato tutte le risposte.

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