Monza, la Ferrari si chiama fuori sul rinnovo. Così Marchionne s’è rimangiato la parola

martedì 8 settembre 2015 · Politica
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Era appena giugno, Autosprint intervistava Sergio Marchionne a proposito del futuro nero del Gran Premio d’Italia a Monza e incassava la promessa di un impegno concreto: “Se dovremo intervenire con Ecclestone per avere una garanzia, lo faremo”.

Tempo tre mesi e la Ferrari si chiama fuori. Sabato il presidente del Cavallino era all’autodromo, ai microfoni di SkySport sembrava un altro e si rimangiava la parola:

Dobbiamo stare estremamente attenti a entrare nelle rinegoziazioni dei contratti, non è compito nostro. Ecclestone capisce l’importanza di questo circuito e glielo ripeterò, ma poi bisogna lasciare che siano le forze normali a rinegoziare. Perché il contratto finale è un discorso delicato. Abbiamo visto in Germania che la Mercedes non è riuscita a tenersi il Gran Premio.

Lo anticipava già Maurizio Arrivabene venerdì pomeriggio in conferenza stampa ufficiale: “Negoziare con Ecclestone non è il nostro lavoro, non è una responsabilità nostra”.

Poi l’elogio retorico delle piste storiche, “tipo Spa, Hockenheim, Silverstone e Montecarlo” che rappresentano “il nucleo della Formula 1” e non dovrebbero mai uscire dal calendario, quando invece la geopolitica commerciale del circo ha già scardinato il principio della tradizione a beneficio delle tappe esotiche, quelle su cui pure la Ferrari fonda accordi commerciali milionari.

L’impressione è che la nave di Monza sta andando a picco davvero, quella dell’anno prossimo può essere l’ultima edizione sulla pista più antica d’Italia, mancano dieci milioni e l’autodromo non sa dove prenderli, il governo s’è mosso con un emendamento che non è bastato, Ecclestone non vede spiragli, l’amministrazione prende tempo, le chiacchiere sul passato glorioso si sprecano e la penna per firmare non esce.

Insomma la sfida è già persa, alla Ferrari non conviene nemmeno giocarla per salvare la faccia a quelli della Sias.

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