Se Byrne è la sconfitta della Ferrari dei giovani

lunedì 12 dicembre 2016 · Dal paddock
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Da Maranello non se n’è mai andato. Per quanto in disparte, a margine delle rivoluzioni e dell’organico, Rory Byrne la sua posizione di supporto e consulenza, quella che gli aveva affidato Todt all’atto della ristrutturazione del 2006, non l’ha mai abbandonata.

Gli aveva chiesto il Cavallino sostegno e inventiva già nel 2012, oggi qualcuno a caccia di esclusive vuole attribuirgli ruoli anche più determinanti di allora, addirittura un pericoloso avvicendamento con Simone Resta che ufficialmente ha in mano la gestazione della macchina del 2017.

Niente di certo. Voci, indiscrezioni, fantasie. È il ciclico rilancio di una storia che si vende sempre bene in tutte le epoche.

Maranello ad ogni modo nega, se non altro perché la notizia di una partecipazione più attiva e più ampia di Byrne – 73 anni il prossimo gennaio – sarebbe oggettivamente la conferma implicita e sconfortante che questa Ferrari oggi non ha talenti, non ha coltivato le nuove leve che fossero in grado di condurre la nave fuori dalla tempesta, contrariamente alla propaganda di Marchionne che incensa la riorganizzazione orizzontale dei giovani.

C’è dell’altro, comunque, nel calderone della rete. E porta altre perplessità: “Sotto l’occhio attento di Byrne – scrive Franco Nugnes su motorsport.com – la Ferrari ha trovato soluzioni che interpretano intelligentemente le regole” e che “potrebbero causare disapprovazione da parte della concorrenza”.

Supposizioni. Con una teoria fantastica e paradossale: la Ferrari sulla contestazione della penalità di Vettel in Messico insisteva “per capire quanto può spingere sulle regole e quanto la Fia risponda alla sfida”.

Risponde bene, la Fia. Tant’è che la Ferrari quella battaglia l’ha clamorosamente e dolorosamente persa. Come rischia di perdere tutte le prossime a venire, pure quelle tecniche, se va ancora in tribunale con un’altra linea goffa e patetica.

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