Quando la Formula 1 finisce in tribunale: nel 1997 cominciava il processo Senna

lunedì 20 febbraio 2017 · Amarcord
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Giovedì 20 febbraio 1997, sono le 9:38, il giudice Antonio Costanzo nel Palazzo dei Circoli di Imola apre il processo sulla morte di Ayrton Senna, nella sala Europa che il comune ha attrezzato affinché fosse l’aula delle udienze, con tre zone distinte, come in un tribunale vero: la prima per il giudice, gli avvocati, gli imputati e i testimoni; la seconda per il pubblico; la terza per la stampa e per gli operatori.

Ma non c’è la folla che il paese si aspetta. Poca gente, qualche pensionato, qualche studente che ha saltato le lezioni. E solo due telecamere fisse, perché il dibattimento non deve diventare uno spettacolo come disgraziatamente è già stato il fatto: “Come se avessimo crocifisso Cristo in mondovisione”, fa notare Bernie Ecclestone.

Accusati di omicidio colposo, pena massima la reclusione da sei mesi a cinque anni secondo il codice penale, Frank Williams, Patrick Head e Adrian Newey della Williams, Roland Bruynseraede della Fia, Federico Bendinelli e Giorgio Poggi dell’organizzazione.

È un processo che si preannuncia difficile, l’ambiente della Formula 1 è spaccato e rema contro le indagini, parecchie testimonianze sono imprecise, c’è il sospetto che diverse prove siano sparite, i dati della centralina elettronica e il video del camera car per esempio. Alboreto, rabbioso, prende posizione: “Bisogna difendere la memoria di un uomo, un grande pilota che non c’è più”.

Da parte sua Max Mosley lascia intendere che la Fia possa cancellare gli appuntamenti in Italia nel caso in cui il tribunale dovesse emettere un verdetto di colpevolezza. Nel frattempo la Federazione vara il piano d’emergenza, correzioni tecniche alle macchine e modifiche ai circuiti per ridurre la velocità.

L’iter del processo è lunghissimo: il 16 dicembre del 1997 con formule diverse è assoluzione per tutti in primo grado, un anno dopo la procura presenta il ricorso che invece alleggerisce ulteriormente le formule a vantaggio della difesa. C’è un nuovo ricorso, nel 2003 la Cassazione ordina di ripetere l’appello: stavolta la corte riconosce la tesi dell’accusa, indica il cedimento del piantone dello sterzo come causa dell’incidente, giudica responsabile Head, per “modifiche male progettate e male eseguite”, ad ogni modo stabilisce il non doversi procedere, per reato estinto in prescrizione. I legali della Williams ricorrono in Cassazione, la sentenza viene confermata il 13 aprile del 2007, quando sono trascorsi dieci anni dall’inizio del processo e 13 dai fatti di Imola.

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