Cosa resterà della Malesia: le tribune, la pioggia, l’umidità… e le parrucche rosse

mercoledì 4 ottobre 2017 · Amarcord
tempo di lettura: 2 minuti

La Malesia dice stop, nel veleno: “Neanche Liberty Media ha fatto abbastanza per questo sport”. Esce dal calendario dopo 19 edizioni, che comunque non sono pochine: numeri alla mano, Sepang si trova al diciassettesimo posto nella classifica delle piste di tutti i tempi, davanti ad altre 54 sedi iridate. Domenica le squadre facevano la conta di quello che resta del ventennio di Kuala Lumpur.

L’architettura. Superba, richiama le palme della Malesia, all’epoca dell’inaugurazione rappresenta il primo esempio di un autodromo perfettamente incastonato nella natura che l’ospita.

La pioggia. Mostruosa. Al punto da imporre la sospensione della corsa nel 2009. Ma sotto quell’acqua costruisce una doppietta storica la Ferrari nel 2001, l’edizione più viva e più meritevole in assoluto secondo il sondaggio sul sito ufficiale della Formula 1.

L’umidità. Atroce. Un Gran Premio può diventare una prova di resistenza. Nel bene e nel male. Hamilton diceva: “Ci portano via la gara più impegnativa per l’auto e la squadra”.

La curva 1. Un budello che si avvita su stesso, dove fanno a ruotate Schumacher e Montoya nel 2002, dove non si passa in due, a meno che i due non sono Ricciardo e Bottas, correttissimi e attentissimi nel duello di domenica.

La Ferrari. Che a Sepang con 7 vittorie e altrettante pole è la squadra che ha raccolto di più. Brilla nella bacheca del cavallino il trionfo del 2000, il suggello all’iride di Schumacher, la festa con le parrucche rosse sul podio.

I tramonti. Perché certi giochi di luce si vedono solo a quelle latitudini.

Bottas, Ferrari, Hamilton, Liberty Media, Montoya, Ricciardo, Schumacher, Sepang,