Stemma e nome, Alfa Romeo torna in Formula 1: Sauber guadagna fiducia, ma perde autonomia

mercoledì 29 novembre 2017 · Politica
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Settembre 2014, Marchionne diceva: “L’Alfa è tutta da rifare, per il Biscione ci vuole una rivoluzione”. Da lì la prima mossa, lo stemma dell’Alfa sulla Ferrari nel 2015, dietro gli scarichi.

Fondamentalmente una questione di traino, perché “una volta – l’analisi di Leo Turrini – la Ferrari era una provincia libera e indipendente dell’impero. Era anche il simbolo dell’impero. Oggi la Ferrari non è più solo il simbolo dell’impero. È il traino dell’impero”.

Dal 2018 l’Alfa Romeo espande la presenza in Formula 1 attraverso la collaborazione tecnica con la Sauber, in qualche modo mima la partnership che Red Bull intraprende con Aston Martin, uno scambio di conoscenze strategico e commerciale che va oltre l’apposizione del logo, un patto determinante nella ridefinizione del marchio, nella cornice di quel piano progressivo di svecchiamento a cui Marchionne lavora da tre anni.

Non un’Alfa autonoma, perlomeno non ancora. Del resto, sempre Marchionne: “Entrare in Formula 1 senza l’appoggio di un altro team sarebbe difficile”. Nel frattempo, è significativo che Sauber nella denominazione ufficiale diventi Alfa Romeo Sauber e non viceversa.

Il presupposto alla finalizzazione del negoziato l’ha offerto l’uscita di Monisha Kaltenborn a giugno: “Per divergenze”, recitava il comunicato ufficiale. Sull’impostazione delle trattative per il futuro, evidentemente. Perché Kaltenborn certe libertà non era disposta a delegarle, per cui s’era liberata di Ferrari e aveva firmato con l’Honda prima che la nuova proprietà mandasse il contratto a puttane.

In effetti Sauber guadagna fiducia per la sopravvivenza dopo essere andata vicinissima al tracollo nel 2016, ma di fatto perde autonomia. Tant’è che Ericsson ad Abu Dhabi l’anticipava: “Il mio futuro dipende da questa trattativa con Alfa Romeo. E sono preoccupato”.

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