Tradizione senza seguito, Ferrari a parte: il ridimensionamento dell’Italia sulla scena della Formula 1

martedì 6 febbraio 2018 · Fuori tema
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Il paese della Ferrari, il paese del primo campione del mondo della storia della Formula 1, il paese del tempio della velocità di Monza tra gli autodromi più antichi al mondo: ha una tradizione motoristica secolare invidiabile l’Italia, il paradosso è che allo stato attuale in termini di visibilità e autorità non c’è seguito alla storia.

D’accordo, il cavallino nazionale. E poi stop. Lo dicevano Minardi e Fiorio in una vecchia intervista: la Ferrari nel bene e nel male è soprattutto una realtà troppo grande che copre tutto il resto del panorama dell’automobilismo sportivo. Compresi i piloti.

Piloti, il primo nodo: sono sette stagioni che manca un portabandiera tricolore a presenza fissa, Giovinazzi – quello che teoricamente ha più chance – per quanto faccia parte del programma della Ferrari perde il treno dell’Alfa Romeo a vantaggio di Leclerc.

Ma l’Italia è pure il paese di Monza. Che per tecnica e trascorsi storici rappresenta una gemma e invece nella geopolitica del mondiale del nuovo millennio è una pista come le altre, anzi che pure più delle altre annaspa per restare nel giro: nel 2016 l’Aci artigliava un rinnovo sudato e non scontato, adesso quei fondi non si trovano, il castello rischia di crollare.

L’ultima sventola, la trasmissione dei Gran Premi in chiaro: la Rai oggettivamente non ha calibro né fondi per competere con Sky, la televisione di stato esce sconfitta da una trattativa che non c’è stata. Subentra TV8, non è lo stesso, la Formula 1 scompare dal radar della cultura domenicale dell’italiano medio.

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