Dalla magia di Baku al debutto con l’Alfa Sauber: chi è (e quanto vale) Antonio Giovinazzi

mercoledì 26 settembre 2018 · Mercato
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Tutti pazzi per Giovinazzi è l’hashtag. E sul sito ufficiale di Bellantonio c’è pure la traslitterazione per l’estero, two-tee-paz-zee-per-gee-ovee-naz-zee, un buona trovata del marketing per lanciare e rilanciare in tutto il mondo una notizia che per l’Italia vuol dire tantissimo, un alfiere tricolore in Formula 1 a otto anni dalla cacciata di Jarno Trulli.

Classe 1993, pugliese di Martina Franca, sul kart da quando aveva tre anni, Antonio Giovinazzi l’accesso al motorsport che conta se lo guadagna coi soldi della famiglia di Sean Gelael che è azionista di Kfc, la catena del pollo fritto.

Gareggia in Formula 3 inglese, nel 2013 è vice campione di categoria, da lì passa alla Formula 3 internazionale. Ma in prima pagina ci arriva nel 2016 nel weekend di Baku, in GP2 con Prema vince feature race e sprint race, marca una doppietta che prima è riuscita solo a Rosberg, Hamilton, Piquet, Pantano e Hulkenberg. Quelli che poi hanno vinto il titolo.

Bon Giovi invece il titolo non lo vince, arriva secondo con cinque vittorie, 8 punti dietro a Gasly. L’obiettivo comunque lo centra, nel paddock è qualcuno, apre una trattativa con Force India e Mercedes, resta un attimo col cerino spento finché a metterlo sotto contratto non si decide direttamente l’accademia della Ferrari.

Da quel punto in poi la carriera subisce un’accelerazione, nel 2017 lo chiama la Sauber per Melbourne e Shanghai al posto di Wehrlein che non è pronto per il via del mondiale a causa dell’infortunio alla Race of Champions di Miami.

Fila liscio il weekend in Australia, per niente quello in Cina, là Giovinazzi sbatte due volte, una in qualifica e un’altra in gara, nello stesso punto peraltro.

Torna in panchina, la Ferrari gli procura un tirocinio all’Haas, sette sessioni di libere che sono meglio di niente. C’è lo spiraglio di un ingaggio, invece Steiner lo gela così: “Non dico sia stato negativo, ma positivo non è stato”.

Nel frattempo l’Alfa si organizza per l’anno del ritorno in Formula 1, per Giovinazzi gli sponsor di Ericsson e il curriculum di Leclerc sono inarrivabili. Un altro treno che passa.

Giovi resta in uniforme rossa, ma la veste nel box. La pazienza è la virtù dei forti, dodici mesi dopo c’è anche lui nel mondiale, in Alfa Sauber con Raikkonen, per quello scatto di carriera che Marchionne aveva intravisto, ma non se l’era sentita di firmare così presto: “Il nostro obiettivo è far crescere i giovani, eventualmente dargli un futuro con noi. Ma prima devono dimostrare in Formula 1 che se lo meritano”.

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