Dalla crisi al mondiale, da “paracarro” a campione: dieci anni fa Button vinceva il titolo con Brawn

venerdì 18 ottobre 2019 · Amarcord
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Si completa la maturazione lenta della carriera di Jenson Button, è il 18 ottobre del 2009, si chiude un weekend di spettacolo e rischi a Interlagos: la qualifica è una sfida sotto la pioggia, la partenza è uno scatafascio dove Trulli viene ai ferri corti con Sutil in pista e fuori, Kovalainen ai box strappa il tubo del rifornimento e innaffia la Ferrari di Raikkonen che s’accende come un fiammifero.

Dai guai si tiene lontano Webber, che vince. Dai guai si tiene lontano pure Button che salva il quinto posto e mette in cassaforte il titolo. La sua è una stagione a due velocità: metà a dettare legge, metà in difesa, con piazzamenti d’oro che tengono alla larga Barrichello e la Red Bull.

In numeri: nell’anno del titolo, Button ha solamente un ritiro, in Belgio per responsabilità di Grosjean; ma da Silverstone in avanti ha tenuto il passo del gambero raccogliendo la miseria di 28 punti, mediamente 3 a gara. Cioè niente.

È iridata anche la Brawn, risponde coi fatti a Briatore che a marzo diceva: “Button è un paracarro, Barrichello un pensionato, Brawn un arrogante”. Per lui quello resta un campionato falsato, il mondiale più velenoso di sempre.

E in effetti nel marasma della rivoluzione tecnica – aerodinamica minima, sistemi di recupero d’energia e ritorno alle slick – il segreto della velocità è un espediente che fa infuriare il paddock, Brawn individua per primo una zona grigia nel regolamento e s’inventa i diffusori double decker che danno più aderenza al retrotreno.

La Fia ad aprile concede l’approvazione definitiva e fa scattare la copia frenetica. Quando Button è già lanciato verso il titolo mondiale, dalle stalle alle stelle con il team che l’Honda ha piantato per la crisi economica.

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