La fortuna dell’halo e il ritorno del fuoco

domenica 29 novembre 2020 · Gran Premi
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Alla fine, la cosa più saggia la dice Hamilton: “Ricordiamoci quanto è pericolosa la Formula 1”. Già, e indirettamente quanto fondamentale e vitale sia l’impegno della Fia nella direzione della sicurezza, attraverso quelle campagne instancabili e anche impopolari nel paddock e sulla stampa generalista.

L’halo, per esempio. Brawn non ha dubbi, Grosjean è salvo per quello. Altrimenti il guard rail gli avrebbe sfondato il casco, come fu per Cevert nelle qualifiche a Watkins Glen nel 1973, quando la Formula 1 era meno attenta a certi rischi.

L’aspetto più ironico è che Grosjean, ma soprattutto Hamilton, nel 2017 all’epoca della discussione sull’approvazione dei sistemi di protezione degli abitacoli stavano nella frangia di quelli contrari. Per cui dall’ospedale Grosjean rettifica:

I wasn’t for the halo some years ago but I think it’s the greatest thing that we’ve brought to Formula 1. Without it I wouldn’t be able to speak to you today.

Sakhir racconta un grosso miracolo. Un doppio, grosso miracolo della sicurezza passiva, perché dopo lo schianto che sega l’Haas in due, contro il guard rail a 220 all’ora con 53 G di decelerazione, Grosjean con mezza macchina conficcata nelle barriere supera anche la prova del fuoco, si slaccia da solo le cinture e in meno di trenta secondi è fuori.

Vivo. Sopravvissuto a un rogo d’altri tempi, perché in epoca recente una palla di fuoco non se la ricordava nessuno. Tant’è che il fuoco, che in Formula 1 ne ha uccisi tanti, pareva un nemico sconfitto.

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