La paura, il braccio di ferro e la fuga dall’Australia: così il nuovo coronavirus irrompeva in Formula 1

venerdì 12 marzo 2021 · Amarcord
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Un clima surreale di paura e diffidenza, Hamilton dà voce allo shock: “Mi sorprende che siamo qui, non dovevamo venire. Comandano i soldi”. E Ricciardo: “Stiamo scherzando col fuoco”.

È l’11 marzo del 2020, l’Organizzazione mondiale della sanità ha appena dichiarato lo stato di pandemia per il nuovo coronavirus, il carrozzone della Formula 1 invece si trova a Melbourne e si appresta a cominciare il campionato.

Gli eventi precipitano quando un meccanico della McLaren risulta positivo, per gli altri scatta la quarantena e il team decide di ritirarsi: là parte un braccio di ferro lunghissimo fra organizzatori, Liberty Media e squadre, nessuno è disposto a tirare il freno per non incorrere nelle penali. Nemmeno la nazione, che esce dalla devastazione degli incendi e ha bisogno di vetrine. Latita la Fia; il bisbiglio di un portavoce: “Non sta a noi decidere”.

Mercedes si espone, chiede ufficialmente la cancellazione. Che è decretata solo due ore prima delle libere, quando i meccanici sono già nei garage e i tifosi ai cancelli aspettano di salire in tribuna.

Parte la ritirata, le squadre rientrano d’urgenza in Europa, mettono stabilimenti e tecnologie al servizio dei sistemi sanitari nazionali, la pandemia da covid 19 nel frattempo avanza inesorabile, il mondiale entra in stallo.

Il via slitta a luglio in Austria dopo quattro mesi di lockdown: porte chiuse, mascherine per tutti, controlli a tappeto, niente cerimonie, interviste centellinate, a distanza per evitare assembramenti, e ovviamente protocolli di sicurezza rigidissimi. Quella realtà che non è ancora alle spalle.

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