Perché Porsche voleva la Red Bull… e perché il tavolo della trattativa è saltato all’ultimo minuto

venerdì 9 settembre 2022 · Politica
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Non c’è la Red Bull nel futuro di Porsche, non è detto che potenzialmente non ci sia la Formula 1: “Una categoria – dicono i vertici – che continuiamo a monitorare“, un campo di confronto dove la casa della giumenta manca come costruttore dagli anni Sessanta, 31 gare e una sola vittoria, con Dan Gurney sulla 804 a Rouen nel 1962.

All’epoca la decisione di uscire è determinata dal cambio di regole, una questione di rilevanza tecnica e la preferenza per il Gran Turismo. Non a caso, il settore in cui Stoccarda si aggiudica 18 titoli mondiali di fila fra il ’62 e il ’79.

Porsche ai Gran Premi non ritorna, se non come motorista della McLaren negli anni Ottanta. Ad ogni modo, il rientro attivo è un’opzione che ciclicamente torna in ballo: è il 2010, quando Volkswagen – che ne controlla il marchio – si siede al tavolo delle trattative sulla tecnologia dei motori per la Formula 1 dal 2013 in avanti, un passaggio che prelude alla compravendita di un team. E prova che Porsche per impegnarsi cerca condizioni tecniche propizie come in passato.

Non c’è seguito, finché Liberty non ratifica la rivoluzione globale dello sport, anche commerciale. Nel frattempo l’Honda pianta la Red Bull che deve trovarsi rapidamente un nuovo motore e si gioca la carta di una divisione autonoma.

Restano da unire i puntini, a maggio Herbert Diess di Volkswagen annuncia che Audi e Porsche hanno entrambe deliberato di sbarcare in Formula 1. E i piani “più concreti” – parole sue – ce li ha Porsche anziché Audi. Tant’è che il paddock anticipa i tempi, a luglio Volkswagen mette voce un’altra volta sull’agenda dei motori, spinge sull’abolizione del recupero di energia termica.

Sembra fatta, invece l’epilogo è esattamente ribaltato: a fine agosto Audi che aveva meno chance annuncia l’ingresso dal 2026, tempo due settimane e Porsche fa saltare il negoziato. La nota:

The premise was always that a partnership would be based on an equal footing, which would include not only an engine partnership but also the team. This could not be achieved.

In pratica Red Bull rifiuta il sodalizio della spartizione equa della squadra e delle maestranze. A tutela di quell’autonomia che nemmeno Enzo Ferrari volle cedere a Henry Ford. La chiosa di Horner: “Troppo diversi nel dna”. E Marko: “Abbiamo già altre carte”.

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