Marchionne spodesta Montezemolo: le ragioni di una faida che parte da lontano

mercoledì 10 settembre 2014 · Mercato
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In numeri la sintesi si fa presto: dal 1991 al 2014, 23 anni alla Ferrari con 14 titoli mondiali e 118 vittorie nei Gran Premi, “una liquidazione a sette zeri – calcola Il Sole 24 Ore – da erogarsi in vent’anni”. Nei fatti è più complesso: con decorrenza al 13 ottobre, Luca Cordero di Montezemolo lascia la poltrona del Cavallino Rampante a Sergio Marchionne all’epilogo di una faida durissima che esplode adesso ma parte da lontano.

Al centro della frattura, il destino della Ferrari: l’uomo col maglioncino che la vuole dentro Fiat-Chrysler per vincere a Wall Street; Luchino che invece ne rivendica autonomia e indipendenza e guarda verso borse più esotiche, Singapore e gli Emirati Arabi. E “quando non c’è più convergenza degli obiettivi, le cose cambiano”, ricordava Marchionne, che attraverso Fiat controlla Maranello per il 90% e quindi detta le strategie.

Dalla sua, Montezemolo ha i risultati economici: “Gli ho fatto anche i complimenti”, ammette Marchionne. Ma lascia un team che non conquista un titolo dal 2008: “E vincere in Formula 1 è un obiettivo non negoziabile”.

La Gestione Sportiva viene da mille cambi d’ogni ordine e grado: Luca Baldisserri, Chris Dyer, Aldo Costa, Stefano Domenicali, Luca Marmorini. Un’epurazione dopo l’altra. A maggio, la profezia di F1WEB.it: “Se la svolta non arriva, l’indice si sposta sul presidentissimo”.

Eccola, la svolta, con l’accelerazione nel corso del weekend di Monza, mentre Marchionne da Cernobbio celebra la sfiducia con quella frase che entra nella storia di Maranello: “Nessuno è indispensabile”.

“Ingeneroso”, ribatteva Montezemolo al Corriere: “La verità è che la Ferrari ormai è americana“. La Ferrari ormai è di Sergio Marchionne.

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