L’onda lunga di Greta Thunberg, anche in Formula 1: la svolta verde (e il messaggio politico)

mercoledì 13 novembre 2019 · Politica
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Non c’è tempo da perdere e lo sappiamo. Allora Liberty Media a due settimane dall’annuncio sulla rivoluzione globale dei regolamenti per il 2021, lancia un’altra proposta: entro il 2025 il primo motore ibrido a combustione interna a emissione netta zero, che significa bilanciare emissioni e assorbimento di anidride carbonica in tutto il percorso tecnologico di produzione e impiego dei motori, in linea con il principio di neutralità carbonica.

È l’onda lunga del movimento etico e ideologico di Greta Thunberg che arriva pure alla Formula 1. Ma nel circo dei motori un messaggio a fronte del surriscaldamento globale l’aveva lanciato già l’Honda con la gigantografia del pianeta sulla livrea, nel 2007 quando Greta ancora era all’asilo. E di una svolta verde s’era discusso nel 2011 tra le squadre e la Federazione: in un certo senso, il passaggio all’ibrido dal 2014 è l’effetto di quella filosofia.

Resta il fatto che oggi come allora, la Formula 1 il danno maggiore all’ambiente non lo fa con le corse, ma con tutto quello che c’è intorno: lavorazione dei materiali e spostamenti da un continente all’altro.

Per dire: ogni auto in un Gran Premio brucia 100 chili di carburante, un Boeing di quelli che usa la Formula 1 per spostare auto e strumentazioni in trasferta ne brucia mediamente 30 mila, vale a dire trecento volte tanto, che vanno moltiplicati per 21 gare, 22 dall’anno prossimo, senza considerare tutti gli altri viaggi per motivi promozionali.

Per cui la bozza del motore verde va letta più che altro in chiave simbolica, è la punta di un processo di sostenibilità trasversale che Liberty propone al campionato e che tocca logistica, stabilimenti, gare e organizzazione del paddock.

Todt approva, le squadre pure. Fondamentalmente per una questione economica oltre che d’immagine, perché col risparmio sorride il portafoglio prima che l’ambiente.

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