Se Michele Alboreto dava lezioni di stile ai giornalisti

venerdì 25 aprile 2025 · Amarcord
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Gli dispiaceva che la Formula 1 all’inizio degli anni Duemila non fosse più la sua, quella di uomini e valori che si sono persi nel tempo. Ma su un punto, il circo dei motori non era cambiato all’epoca e non è cambiato oggi. E su quel punto, Michele Alboreto è sempre stato critico: il linguaggio della stampa, o di una parte di essa, comunque nutrita, tant’è che fin dagli esordi “osservava i giornalisti con sospetto, non dava confidenza, ad alcuni stava parecchio sulle scatole”, riferisce Autosprint in un ritratto postumo.

È uno degli elementi distintivi che – al di là dei meriti sportivi, pure incontestabili sulla scena internazionale delle corse – restano dell’uomo Alboreto, che ci lasciava il 25 aprile 2001, durante un’anonima sessione di prove con l’Audi al Lausitzring in vista della 24 Ore di Le Mans.

Così, quando Andrea de Adamich lo intervista nel 1986 su Canale 5 e ironizza sull’atmosfera “da pettegolezzo” intorno alla Ferrari che sta approntando un metodo più british e meno latino con l’arrivo di John Barnard, la sua risposta è una lezione di stile:

Come al solito ci sono delle cose importantissime, volendo ben guardare, da scrivere nei riguardi della tecnica della macchina e di quello che sta succedendo nella nostra squadra, invece si preferisce forse buttarla su queste cose un po’ più futili. Però è una scelta di chi trasmette queste sensazioni al pubblico.

E se certi modi lo facevano sorridere, altri lo facevano arrabbiare. Da un’intervista del 1990:

Il livello di preparazione dell’80 percento dei giornalisti del nostro paese è bassissimo. Forse perché ce ne sono troppi. Comunque c’è qualcuno molto in gamba che non scrive pensando ai regali che può ricevere. La maggior parte della stampa italiana è prezzolata e, nel migliore dei casi, servile in modo abbietto. Sfido chiunque a dimostrarmi il contrario.

Un uomo libero insomma, una figura rara con quell’intelligenza e quella coerenza che gli hanno sempre impedito di tollerare un modo frivolo e improprio di fare informazione. Non a caso, negli anni del processo sulla morte di Senna, mentre gli altri dimenticano e fanno silenzio, è l’unico a prendere posizione contro una pioggia di fantasie e illazioni dei giornali:

Mi dà fastidio che si vogliano difendere posizioni indifendibili. Ho sentito versioni assurde, che Ayrton ha avuto l’incidente perché pensava alla fidanzata, o perché si è sentito male. Senna merita il riconoscimento di aver perso la vita per una colpa non sua. Non voglio vedere nessuno in galera, voglio solo che venga difesa la sua memoria.

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