Quelli che ci riprovano: da Lauda a Schumacher, i campioni di ritorno

domenica 17 gennaio 2010 · Amarcord
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Lauda, Andretti, Jones, Mansell, Prost, Villeneuve. E adesso anche Michael Schumacher. Tutti con almeno un Titolo alle spalle: hanno ripreso il casco e ci hanno riprovato. Per il gusto di rimettersi in gioco, per dimostrare che non si è mai troppo vecchi, per una rivincita sul destino o per appesantire il conto in banca. Ecco com’è andata ai campioni del mondo che non sapevano stare lontani dal mondo dorato che li aveva incoronati.

Niki Lauda. Si ritira nel 1979 perché non ne può più “di girare in tondo sulle piste come un idiota”, torna nel 1982 lusingato dall’offerta della McLaren. Ha due Titoli in saccoccia e il volto devastato dal rogo del Nürburgring. Ma sente che può farcela. E non si sbaglia: nel 1984 diventa campione del mondo per la terza volta in carriera, con appena mezzo punto di vantaggio su Prost, che non è un compagno di squadra qualunque.

Mario Andretti. Si fa convincere da Frank Williams nel 1982 per un cammeo a Long Beach. Dice sì anche ad Enzo Ferrari che quella stagione per alterne vicende si trova a corto di piloti. Si fa affidare una rossa a Monza, la porta in pole e sul podio. Resta anche per l’ultima corsa della stagione, poi vola in America. E ci rimane.

Alan Jones. Cede alla tentazione della Arrows e va a correre il Gran Premio degli USA nel 1983. Dalla gara si ritira esausto, si riposa due anni e poi ritorna perché Carl Haas lo vuole sulla Lola ed è disposto a pagarlo fior di milioni. Il quarto posto in Austria nel 1986 è il massimo che possa dare al team. E il massimo che la macchina possa permettergli di ottenere.

Nigel Mansell. Lascia da campione in carica nel 1992, torna nel 1994 per correre sulla Williams che è orfana di Senna. Fa 4 corse, ne vince una, l’ultima dell’anno, quella che gli fa tornare la voglia di una stagione intera: la McLaren lo accetta, la macchina no, visto che “il leone” non entra nell’abitacolo. Riesce a correre solo ad Imola e Barcellona, senza punti.

Alain Prost. Si ritrova a piedi alla fine del 1991, cacciato dalla Ferrari per aver detto che “la macchina è un camion”. Può rifugiarsi alla Ligier, ma aspetta un anno intero e torna nel 1993 quando Mansell gli libera la Williams. Vince il Mondiale, il quarto, e decide che può bastare. Nel 1997 si mette a fare il team manager in una squadra tutta sua. Che non dura molto.

Jacques Villeneuve. Liquidato dalla B.A.R nel 2003 all’ultima gara, su pressione della Honda che pretende un posto per Sato. Rispunta nel 2004, riesumato dalla Renault per le ultime tre gare, quando ha già in tasca un contratto biennale con la Sauber. Ma diventa un peso appena il team passa alla BMW che nel 2006 dopo il botto di Hockenheim lo allontana per fare spazio a Kubica.

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