Lauda e il gran rifiuto, quando le corse partivano senza safety car

lunedì 25 ottobre 2010 · Amarcord
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Ci fosse stata overdose di safety car anche al Fuji nel 1976, Niki Lauda quel Mondiale non l’avrebbe perso. Metti il caso che la direzione corsa ragionasse quel pomeriggio in Giappone come ha ragionato domenica a Yeongam sotto la pioggia battente: non avrebbe motivo Lauda di macchiarsi col “gran rifiuto” che gli toglie l’iride e favorisce James Hunt.

È un grigio pomeriggio di fine ottobre. La pista del Fuji è un fiume in piena, rivoli dovunque e vie di fuga allagate. Due ore di ritardo sulla tabella di marcia ufficiale, ma in qualche modo si comincia. Senza safety car e Dio per tutti.

Lauda però dentro quella nube d’acqua deve giocarsi il Titolo con la Ferrari. Lui che nelle fiamme del Nürburgring ha guardato la morte in faccia. Anticipa le frenate, controlla i rischi, sprofonda in classifica. Poi la paura prende il sopravvento. E al diavolo il campionato.

Ai box c’è Mauro Forghieri: è pronto a salvare lui l’onore del pilota. Può dire che Lauda s’è fermato per un problema meccanico, uno qualsiasi.

Invece Niki coi giornalisti vuota il sacco: “Non me ne frega niente di quello che pensa il mondo. Non mi posso uccidere per una gara”.

Però la pioggia finisce e la nebbia si dissolve. La McLaren sul muretto espone un cartello: “Niki out”. È il messaggio per James Hunt che deve recuperare 3 punti. Li fa tutti. Ma corre gli ultimi giri col cuore in gola e le idee confuse. E quando taglia il traguardo non sa nemmeno di essere terzo. Non sa nemmeno di essere lui il nuovo campione del mondo.

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