A Modena dal barbiere storico di Enzo Ferrari: “Io ho conosciuto il Drake più familiare”

martedì 19 settembre 2017 · Esclusive
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Da Modena – Le generazioni si sono date il cambio, oggi l’attività è nelle mani di Alessandro, l’insegna della bottega comunque è ancora quella storica, “da Antonio” in Corso Canalgrande 73, a due passi da Piazza Grande. Qua per cinquant’anni è passato Enzo Ferrari per il rito della barba, qua Antonio – e Massimo dopo di lui – hanno conosciuto l’aspetto più familiare e privato di un gigante del Novecento nel suo momento quotidiano di relax e confidenze.

F1WEB.it: Come nasce questo negozio?

Massimo D’Elia: Nasce grazie a Enzo Ferrari. Noi siamo originari di Terracina. Mio zio, Antonio, alla fine degli anni Trenta è venuto qui a Modena per il servizio militare. In libera uscita andava da un barbiere, là ha conosciuto Enzo Ferrari, hanno fatto amicizia. Finito il servizio militare mio zio è tornato giù, presto Ferrari e altri clienti l’hanno mandato a chiamare, si sono offerti per aiutarlo ad aprire un’attività, per i buoni rapporti in cui erano rimasti. Allora mio zio è tornato su. E nel 1938 grazie all’aiuto di Ferrari è nato questo negozio.

F1WEB.it: Ed è iniziato un lungo rapporto di fedeltà…

MD: Ferrari tutte le mattine è venuto qui per cinquant’anni. La domenica e il lunedì invece si andava a casa. Lui ogni giorno doveva farsi la barba…

F1WEB.it: Un cliente esigente?

MD: Esigente come lo era sul lavoro, ma con noi il rapporto era più familiare. Era nel suo modo di fare. Per il resto, lo ricordo come una persona al di sopra della media per intelligenza, quando prendeva delle decisioni sapeva essere molto rapido.

F1WEB.it: Quando l’ha conosciuto?

MD: Mio zio è venuto giù a Terracina a prendermi nel 1962, aveva bisogno di un collaboratore. E quando sono arrivato a Modena, Ferrari ha trasmesso su di me la stessa amicizia che aveva stretto con mio zio. Voglio dire, si è interessato quando è nata mia figlia, quando avevo bisogno di qualcosa, quando i bambini stavano poco bene si impegnava per farli curare, li ha voluti vedere da piccoli, ci invitava una volta all’anno a Maranello nel suo ufficio. Ho tanti ricordi di queste visite.

F1WEB.it: Uno in particolare?

MD: Eravamo alla fine del 1987, prima di Natale. Ferrari voleva vedere mio figlio Alessandro che aveva tre anni, aveva cominciato l’asilo e aveva imparato brutte parole. A Ferrari dissi: “Lui quando vede una persona che non conosce lo manda a quel paese”. E allora Ferrari ha fatto di tutto per farsi mandare a quel paese. E mio figlio niente. Forse ha avvertito l’emozione, il carisma che Ferrari trasmetteva anche a chi non lo conosceva.

F1WEB.it: Cosa le resta della dimensione più privata di Ferrari?

MD: Il suo modo di essere familiare. Ho raccontato in un libro i cinquant’anni che Ferrari è stato in questo negozio, si chiama Il mio Drake. Lo dico perché è un libro che non può scrivere nessuno. Gli altri si ripetono, parlano di Formula 1, di macchine, di gare. Io invece svelo un Ferrari familiare e naturale. Perché era anche quello. Molti ne parlano in altri toni, dicono fosse severo, cose del genere. Ma è logico che sul lavoro doveva essere così. Altrimenti non diventava Ferrari.

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