Gran Premio del Giappone 2013, gara

domenica 13 ottobre 2013 · Race highlights
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Resta aperto il campionato, ma è sopravvivenza limitata. È indicativo il dato dei punteggi: Vettel conduce con 297 punti che sono esattamente quelli che la Ferrari ha messo insieme con due macchine per il secondo posto nel mondiale costruttori. Seb a Suzuka ne vince un’altra, ma non è una passeggiata. Lo spunto d’interesse lo offrono le strategie differenziate: due soste lui, tre Webber e Grosjean. Viene fuori una gara interessante. Anche se alla fine il risultato si replica per la quinta volta di fila.

Dietro la doppietta. Non va a segno Webber con la tattica a tre pit-stop mentre Vettel si sposta su due. Mark lancia il sasso nello stagno della Red Bull: “Mi chiedo se è stata la scelta giusta”. Persiste il dubbio del dispetto del team, anche perché in cuffia era tornato l’incubo: “Multi 21”, l’ordine che la squadra gli aveva impartito in Malesia per rallentarlo quando Vettel invece se n’era fregato e l’aveva acchiappato. Horner comunque è raggiante: “Ha funzionato tutto”. Anche la gerarchia.

Allez le bleu. Al via l’accelerazione è poderosa. Grosjean va in testa, non sbaglia, non molla un metro. Lui e le Red Bull scavano un solco: “Ho creduto seriamente che la prima vittoria fosse mia”. Invece rispetto a Vettel è chiaramente sfavorito nel gioco delle soste. E al penultimo giro cede pure a Webber che lo infila alla prima curva.

Samurai? Ancora, come in Corea, la Ferrari si riduce a fare la gara sulla Sauber. E date le proporzioni degli investimenti non è un complimento. Alla fine Alonso arriva quarto: prima del via deve sostituire il kers, poi perde il contatto radio, il sorpasso su Massa se lo deve sudare perché la Scuderia non dà ordini e Felipe stranamente è in palla come non mai. Fino a quando non pasticcia con il limitatore e si prende il drive-through per eccesso di velocità in pit-lane.

AAA. Per il 2014 non ha firmato ancora niente: “Ho diverse opzioni”. È un disoccupato di lusso, ma Hulkenberg nel frattempo continua a farsi bello. Chiude sesto, in gara si tiene dietro Alonso e Raikkonen, li fa sgobbare per la posizione: “Se consideriamo da dove veniamo è un risultato soddisfacente”. L’annata non è convenzionale per la Sauber, che storicamente cominciava alla grande e poi finiva in sordina.

Zoppicanti. È uno scatafascio la trasferta nipponica per i colori della Mercedes, che perde dodici punti a favore della Lotus e nove a favore della Ferrari. Hamilton buca la gomma al via quando cerca di infilarsi tra le Red Bull, ma soprattutto riporta danni alla sospensione e dopo un giro deve già fermarsi. Rosberg sconta pure lui un passaggio obbligato in pit-lane perché il team lo fa ripartire dai box mentre sopraggiunge Perez; e più avanti, Nico proprio con Perez fa a ruotate e rovina le bandelle dell’ala anteriore.

L’inganno dei numeri. Con il quarto posto, è Alonso il pilota che ha fatto più punti nella storia della Formula 1. Ma è un dato che non conta nulla in dimensione assoluta perché dal 2010 la Fia ha gonfiato i punteggi e ha condannato tutti i confronti in prospettiva storica.

Fallo di frustrazione. Nella deriva polemica del campionato, si guadagna un attestato di biasimo il sondaggio di Autosprint: “Secondo voi la Red Bull è regolare o no?”. Tra le opzioni di risposta: “Formalmente rispetta le norme ma sostanzialmente ne tradisce lo spirito”. Lo sport è un’opinione.

Classifiche. Praticamente per il titolo il gioco è fatto. Ma la lotta per la piazza d’onore resta apertissima, tra i piloti quanto tra i costruttori. C’è da scommetterci, con Paddy Power.

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