Quella crisi dell’Honda che fece la fortuna di Brawn

lunedì 4 dicembre 2017 · Amarcord
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Subaru e Suzuki hanno già piantato il rally, Kawasaki il motomondiale e Mitsubishi la Dakar quando la crisi economica il 5 dicembre del 2008 fa un’altra vittima illustre tra i giganti nipponici: in Formula 1 cade l’Honda, lascia dopo tre stagioni da costruttore completo.

Secondo le stime quell’anno ha speso quanto la Ferrari per raccogliere solo 14 punti. Ecclestone finge fiducia: “La crisi riguarda tutto il mondo, ma non per questo il mondo si fermerà”.

In un certo senso ci vede giusto. Honda già all’epoca ha tre offerte per vendere, si fanno avanti Carlos Slim, Richard Branson e… Bernie Ecclestone. Alla fine Tokyo lascia tutto a Ross Brawn che firma l’affare della vita, al costo simbolico di una sola sterlina, con l’impegno di trovare un finanziamento alternativo entro l’anno. Venderà a Mercedes, a peso d’oro.

Nel frattempo c’è un mondiale alle porte, il mondiale della rivoluzione tecnica: aerodinamica minima, sistemi di recupero d’energia e ritorno alle slick. I valori si ribaltano, in tutto il mondo i bookmaker ritoccano le quote per l’iride perché Button e Barrichello nei test su quella macchina sono due siluri. Dalle stalle alle stelle in cinque mesi.

Il segreto della velocità è un espediente che fa infuriare il paddock, Brawn individua per primo una zona grigia nel regolamento e s’inventa i diffusori double decker che danno più aderenza al retrotreno. La Fia ad aprile concede l’approvazione definitiva e fa scattare la copia frenetica. Quando Button è già lanciato verso il titolo mondiale.

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