Yuki Tsunoda e… chi l’ha preceduto: il Giappone in Formula 1 tra fuochi di paglia e cantonate

venerdì 26 marzo 2021 · Amarcord
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Il nome l’ha fatto l’Honda, comunque Marko lo voleva da subito in Red Bull. La storia recente invece non incoraggia certe accelerazioni. Per cui Yuki Tsunoda parte dall’Alpha Tauri. Con un’aspettativa altissima in tutto il Giappone, che cerca il suo primo asso alla ventiquattresima carta, dopo fuochi di paglia e cantonate. Questi i casi più celebri. E curiosi.

Ukyo Katayama. Con 95 gare resta quello con più partecipazioni all’attivo. A Estoril nel 1995 si ribalta per incidente al via. Arriva in ospedale in stato d’incoscienza. Due anni dopo si scopre che in quegli anni di Formula 1 combatteva strenuamente un cancro benigno che gli procurava dolori alle vertebre lombari.

Takuma Sato. Uomo dell’Honda, all’inizio si fa la nomea del kamikaze, poi si calma, oppure lo calmano. Ma in Formula 1 non va lontano. Invece nel 2017 è il primo giapponese ad aggiudicarsi la 500 Miglia di Indianapolis, nell’edizione a cui partecipa anche Alonso.

Kamui Kobayashi. Lui invece è uomo della Toyota, finché la Toyota c’è. Dopodiché con gli sponsor giusti arriva alla Sauber e nel 2012 agguanta il podio in casa, a Suzuka: per il pubblico c’è solo lui.

Nakajima, padre e figlio. Il primo gareggia alla fine degli anni Ottanta, lo raccomanda l’Honda. L’altro un ventennio dopo, lo raccomanda la Toyota. Praticamente una famiglia trasversale. Meteore entrambi, ma Kazuki con Alonso e Buemi vince la 24 di Le Mans nel 2018.

Aguri Suzuki. Il primo a portare il Giappone a podio, proprio a Suzuka poi, nella corsa della vendetta di Senna su Prost nel 1990. Nel 2006 si reinventa e fonda la Super Aguri che dura solo due anni e mezzo, ma nel 2014 è in Formula E, anche lì per poco, prima di rivendere la licenza a Techeetah.

Yamamoto primo, secondo e terzo. Senza alcun rapporto di mutua parentela: Katsumi ha un passato nel canottaggio e ha fatto le Olimpiadi nel 1968, in Formula 1 gli viene negata la superlicenza ad Aida nel 1995; Naoki grazie a una deroga ad personam gira nelle libere sulla Red Bull a Suzuka nel 2019; e Sakon corre 21 gare fra Hispania, Spyker e Super Aguri negli anni Duemila.

Taki Inoue. Il protagonista di episodi tragicomici da cineteca nel 1995: a Monte Carlo dopo le qualifiche il veicolo che lo sta trainando viene tamponato dalla safety car, lui si prende una commozione cerebrale; a Budapest, mentre fa per spegnere un incendio al retrotreno, un’auto dei commissari lo stende.

Yuji Ide. Fa capottare Albers alla partenza a Imola nel 2006: per la Fia è abbastanza, la superlicenza gli viene revocata. Corre voce che i piloti abbiano chiesto la visita fiscale per fargli controllare la vista.

Masahiro Hasemi. Un perfetto sconosciuto, nella storia per sbaglio, con il giro più veloce al Fuji nel 1976, la gara del gran rifiuto di Lauda. Ma il record non gli appartiene: l’errore è dei cronometristi che rettificano parecchi giorni dopo, quando le statistiche sono già incancellabili in molti archivi ufficiali.

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