Melbourne, quella penalità “devastante” a Sainz. E il fallimento del ricorso della Ferrari

martedì 18 aprile 2023 · Regolamenti
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È uno degli episodi più delicati di una domenica controversa, la penalità a Sainz per il pasticcio con Alonso all’ultima ripartenza da fermi. A caldo, Sainz commentava così:

I’m too angry, too disappointed. I just cannot say anything. I prefer to go to the stewards, get the penalty away, because I don’t think I deserve it and it’s the most unfair penalty I’ve seen in my life.

Secondo i commissari non ci sono attenuanti, Sainz “è totalmente colpevole” e va punito. Dal referto ufficiale:

We took into account the fact that this collision took place at the first lap of the restart, when, by convention, the Stewards would typically take a more lenient view of incidents. However (…), we considered that there was sufficient gap for Car 55 to take steps to avoid the collision and failed to do so.

La misura della sanzione la danno i precedenti: 5 secondi di retrocessione se sbatti fuori pista un altro, come ha pagato Russell ad Austin l’anno scorso, per un incidente proprio a danno di Sainz. Che all’epoca, trovandosi dall’altra parte, sosteneva che la penalità fosse perfino troppo lieve.

Il principio è che le azioni vanno punite con un criterio uniforme. Del resto, la Fia l’aveva chiarito nel 2018 dopo Baku, in applicazione dell’unica filosofia che avesse senso e che avevano voluto le squadre. Testualmente:

Since the meeting of 2013 between the FIA and representatives of the teams and drivers, the consequences of penalties are not taken into account.

Questo fa sì che giocoforza a seconda dei distacchi la stessa penalità abbia effetto diverso. E se uno è fortunato, la punizione è perfino ininfluente. Il punto è che a Melbourne l’ammenda viene applicata su un ordine d’arrivo praticamente compresso, per via della neutralizzazione dell’ultima bandiera rossa, per cui l’effetto con Sainz è “devastante”, per dirla come Vasseur, e lo sbatte da quarto a dodicesimo, cioè ultimo e fuori dai punti.

La Ferrari voleva che Sainz fosse perlomeno ascoltato per difendersi, di qui la decisione di giocarsi il diritto di replica, anche dietro la spinta della stampa che le rimproverava remissività. Invece Maranello al riesame rimedia un altro schiaffone perché porta prove già note. O inammissibili: la registrazione di un’intervista ad Alonso, per esempio, in cui Matador dice che la Fia c’è andata pesante. Delirante come linea difensiva, alla pari di quando Arrivabene per difendere Vettel portava le analisi di Chandhok su Sky.

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