Età, prestazioni e non solo: da Fangio a Schumacher, quando (e come) i big hanno scelto di smettere

giovedì 5 agosto 2021 · Amarcord
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Il tempo segna. E segna anche Vale Rossi che a fine anno si ferma, perlomeno con le moto: “Avrei voluto correre per altri 20 o 25 anni, non è possibile. Negli ultimi anni non mi sentivo ancora pronto, ma adesso è il momento giusto”. Già, il momento giusto: Fangio diceva che “campioni, attori e dittatori devono ritirarsi quando sono al top”. Cioè prima che i risultati decidano per loro. Ma spesso età e prestazione non c’entrano. Ecco com’è andata a cinque big in Formula 1.

Juan Manuel Fangio. All’indomani del Gran Premio d’Italia del 1958, dà una cena in cui conferma il ritiro: “Il tempo dirà se le mie conquiste saranno ricordate”. Si è deciso dopo la tragedia che uccide Musso a Reims, sopravvive all’epoca in cui i decessi nelle corse sono all’ordine del giorno.

Jackie Stewart. Nel 1973, da Monza ha la certezza del terzo mondiale, ha già deciso il ritiro ma ancora non l’ha annunciato, nemmeno a sua moglie. Non si schiera a Watkins Glen, dove in qualifica c’è stato l’incidente orribile di Cevert: “Immaginate un decennio in cui perdete 57 persone in circostanze terrificanti mentre fanno quello che fate voi. Questo ho vissuto”.

James Hunt. L’8 giugno del 1979 fa pubblicare dai giornali l’annuncio del ritiro. Viene dall’incidente con la nuova Wolf a Zolder: “Volevo fare un’ultima stagione decente. Non è possibile. Non incolpo nessuno, ma non è il caso di rischiare la vita”. Molla dopo appena sei anni, la personalità e gli sponsor gli danno da vivere.

Niki Lauda. Disputa solo le libere a Montreal nel 1979: “Non ho più il cuore per girare in tondo come un idiota. Smetto da subito”. Prende un aereo per la California, raggiunge gli stabilimenti di McDonnell Douglas per contrattare l’acquisto della flotta per la sua compagnia aerea. Invece quel ritiro è una pausa. Smette solo nel 1985, dopo sette ko in nove gare e appena cinque punti in classifica: “Tempo di crescere, fare un lavoro che abbia senso”. Boccia un’offerta sontuosa di Ecclestone che vuole riportarlo alla Brabham.

Michael Schumacher. A Monza nel 2006 il podio è un passaggio di testimone: lui sul gradino centrale, Raikkonen al secondo posto, ferrarista in pectore perché arriva l’ufficialità dell’abbandono di Michelone, il più fedele alla rossa e in assoluto allo stesso team. Tempo tre anni e Schumi rientra, con la Mercedes però. Che nel 2012 lo rottama per Hamilton. La frase di commiato è per i fedelissimi: “La vita è fatta di passioni. Grazie per aver condiviso la mia”.

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