L’ultimo incontro

mercoledì 1 maggio 2019 · Amarcord
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Alle 16:20, davanti a Nicola Larini e Mika Hakkinen, vince Michael Schumacher che sul podio si fa scappare un sorriso, mentre i tifosi invadono la pista a festa. Lo champagne però resta dentro le bottiglie.

È andato avanti il Gran Premio di San Marino il 1° maggio del 1994 dopo l’incidente di Senna al Tamburello di Imola, le notizie sulle condizioni di Ayrton sono frammentarie, discordanti. Tant’è che Berger, in un’intervista postuma del 2001 rammenta:

Io non mi rendevo conto della gravità. Ma in questi casi puoi farti un’idea sentendo l’atmosfera. E l’atmosfera quella volta era strana.

Berger quella gara non l’ha chiusa per via del cedimento di una sospensione, lascia in fretta l’autodromo per andare in ospedale a Bologna. Con Senna ha maturato un’intesa che dai tempi della McLaren non s’è affievolita. Si offre per organizzare un volo per portare in Italia uno specialista da Parigi. Racconta:

Mi accompagnarono alla stanza di Ayrton e fu l’ultima volta che mi trovai al suo cospetto. Passai in quelle quattro mura alcuni minuti con lui. Mi ritrovai di colpo di fronte alla realtà.

Nella vita da pilota, in un certo senso, ti senti sempre un po’ pronto all’idea di morire. Durante la mia carriera ho perso tanti compagni di avventura e amici. Però il legame che c’era con Ayrton era più forte di quanto non fosse con gli altri. Era un mio caro amico. Fu un duro colpo.

La respirazione è irregolare, la pressione bassa. Senna è in coma profondo, non c’è attività cerebrale, gli esami al cervello non lasciano chance. I medici non rischiano l’intervento chirurgico.

Senna spira alle 18:37. La mente di Berger riavvolge il nastro e torna a nemmeno cinque ore prima, alla griglia di partenza di una corsa che parte già nel segno del lutto per il dramma di Ratzenberger nelle qualifiche di sabato e per un disastro sfiorato con Barrichello nelle libere di venerdì. Senna nell’abitacolo della Williams è pensieroso, magari turbato dai fatti del weekend, si scuote dai pensieri quando la folla incita Berger. Allora si volta e gli sorride. Quel sorriso, Berger se lo ricorda benissimo:

Era il sorriso di un amico. Era felice del fatto che la gente mi volesse sostenere. È l’ultima immagine che voglio tenere di lui.

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